Con l’auto elettrica aumenteranno i posti di lavoro, dal Giappone batterie più economiche e le decisioni della COP28 sull’uscita dalle fossili
Auto Elettrica: aumenteranno i posti di lavoro
Le aziende del settore automobilistico in Italia sono ottimiste riguardo all’occupazione nel contesto della transizione verso l’auto elettrica, contrariamente alle preoccupazioni riguardo alla perdita di posti di lavoro. Secondo un sondaggio condotto dall’Osservatorio Tea, oltre l’80% delle 217 aziende automobilistiche interpellate non teme impatti negativi sull’occupazione. In particolare, il 27,7% delle aziende prevede di aumentare i posti di lavoro, mentre il 55,5% ritiene che non ci saranno effetti significativi sull’occupazione. Solo il 16,8% delle aziende teme conseguenze negative. Inoltre, le micro-imprese sono particolarmente ottimiste, con il 51,7% che prevede nuove assunzioni. Questi dati sfatano il mito che la transizione verso l’auto elettrica porterà alla perdita di posti di lavoro in Italia e suggeriscono che potrebbe invece contribuire a stimolare l’occupazione nel settore automobilistico.
Batterie: batterie più economiche dal Giappone
In Giappone, un team di ricercatori provenienti dalle Università di Hokkaido e di Kobe ha sviluppato un metodo rivoluzionario per la produzione di ossido di litio cobalto stratificato (LiCoO2), un componente chiave delle batterie agli ioni di litio utilizzate nelle auto elettriche. Questo nuovo processo è notevolmente più veloce ed efficiente rispetto alle tecniche di produzione tradizionali. Attualmente, la produzione di LiCoO2 richiede tra le 10 e le 20 ore di lavorazione a temperature elevate di circa 800 gradi Celsius. Tuttavia, i ricercatori giapponesi hanno scoperto un metodo che consente di produrre questo materiale in soli 30 minuti a una temperatura di 300 gradi Celsius. Questo risultato rappresenta un notevole risparmio di tempo ed energia nella produzione di batterie. La scoperta è di grande importanza perché contribuirà a ridurre i costi di produzione delle batterie e accelerare la produzione di auto elettriche, aiutando così a rendere i veicoli elettrici più accessibili e diffusi in tutto il mondo.
COP28: uscita dalle fossili
Il Patto di Dubai, concluso alla COP28, ha sollevato discussioni in merito al suo linguaggio e alle sue implicazioni sulla transizione dai combustibili fossili. Questo accordo non impone tagli diretti alla produzione di petrolio e gas, ma sembra enfatizzare il ruolo di quest’ultimo come facilitatore della transizione energetica. Inoltre, il Patto sembra aprire la strada all’uso più ampio delle tecnologie di cattura e stoccaggio delle emissioni di carbonio (CCS). L’accordo è stato accettato anche dai paesi produttori di idrocarburi perché non li costringe a modificare radicalmente i loro modelli di business o a ripensare completamente le loro economie basate sui combustibili fossili. Chi vede il bicchiere mezzo pieno ritiene che la COP28 abbia segnato progressi significativi, poiché per la prima volta si è parlato di abbandonare completamente i combustibili fossili (non solo il carbone), si sono fissati obiettivi temporali concreti per la transizione entro il 2030 e per azzerare le emissioni globali entro il 2050, e si è fatto riferimento all’allineamento degli sforzi degli stati con la scienza del clima. D’altra parte, chi vede il bicchiere mezzo vuoto ha sottolineato che il linguaggio del Patto è debole e ambiguo e che mancano dettagli specifici su come raggiungere gli obiettivi fissati.
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